venerdì 14 gennaio 2011

FUOCHI D'ARTIFICIO (2)




(MEXICAN GRAN PRIX PART II)





(come per la prima parte, fate partire il pezzo e buona lettura..)




Le cinque circa.
Anche Vegas e Santa Fe rimasti dietro di loro.
Un fulmine rosso ingoia miglia.
All’orizzonte Albuquerque; dove l’interstate 25 si incrocia con la 40esima direttrice est-ovest.
Il grande sole, sempre più rosso sopra i grattacieli della grande città a cavallo del Rio Grande, si stende sui capannoni delle fabbriche di materiale elettrico e sulle avenues addobbate, pronte per la festa. Un unico ciclopico sole, per un continente sterminato.





Poi giù, ancora giù, lanciati verso sud.
Verso l’ora del tramonto sono già a Las Cruces. Respiri veloci. Furia rossa.
Niente tempo da perdere.
La Plymouth Fury brucia nella luce del crepuscolo, scintilla di fuoco.
All’ imbrunire le pianure del New Mexico si assopiscono docili e meravigliose; ululati di cani nella luce tenue e diffusa che si affievolisce. I fari accesi puntano verso il “Mexican Border”  a 30 miglia da loro.

<<Baby, oh , baby, ci siamo.>> - l’ansia sale.  Gocce di sudore colano dalla fronte di J. più che nelle ore di solleone.

Baby K. apre un altro pacchetto di sigarette, non smette di fumare, il vento si fa più mite; pelle d’oca sulle sue belle braccia bianche di seta. Seni turgidi. Anima inquieta che la notte risveglia. E chiama verso sé.
Tira fuori il sacchetto d’erba dalla borsa. Fuma. Per calmarsi.

<<Hey dai un po’ qui, fa’ fumare anche me.>>

Fumano. J. passa una mano sulle cosce di baby K. carezzandola attraverso i jeans, senza mai staccare l’altra dal volante.

<< Hey,una volta passato il controllo della dogana americana è tutto a posto, la polizia messicana ci lascerà passare; in fin dei conti è solo una questione di status..bah! I poliziotti di lì..ancora più scarafaggi che i piedipiatti made in Usa. “Ya Ya, Yankee Yankee!”, dicono, ma alla fine sanno che porti dentro il contante, che spendi, puoi entrare anche col corpo defunto della puttana di loro sorella basta che gli allunghi qualcosa per la famiglia o le troie. – si passa una mano per togliersi il sudore che gli imperla la fronte - Prepara i documenti e lascia parlare me, per il resto sai già cosa fare se ci dovessero essere complicazioni d’accordo, baby K.?>>

<<Yep, rilassati baby.>> - Fa un cenno con il capo; tira forsennatamente dalla sigaretta ravvivando la cenere incandescente della sigaretta.

Eccoli.
Scivolano lisci direzione Messico. Que viva Mexico!
Stelle in ascesa. Liquide.
Arrivano alla dogana e rallentano fermando la macchina in prossimità della sbarra del posto di blocco.

Quattro poliziotti soltanto; due in guardiola e due in piedi, appoggiati alla stanga abbassata, pronti a  controllare i passaporti.
La Tv accesa dentro al baracchino trasmette in diretta le celebrazioni, le parate dalle varie città, i cieli americani pronti a far tuonare la notte con i fuochi d’artificio. Ora sono in collegamento da New York.  I due tizi, annoiati, la guardano, svogliati. Si grattano. Fottuto turno di lavoro festivo. Voglia di far festa pure loro. Patriottici, al servizio per la sicurezza dell’intero paese.

Gli si fanno avanti i due agenti di polizia. Festività. Personale ridotto. Voglia di far fiesta. God Bless America. In uniforme a recitare la solita pagliacciata. Rituali.
Favoriscono i documenti ai due agenti in piedi tesi verso l’abitacolo  della macchina.

<<Sera agente, prego..>> - strappa i documenti di mano a baby K. 

Lo sbirro legge a mente.  

<<Daniel Burke nato a…etc..etc e Dorothy Ross nata a..etc etc…>> - l’altro punta loro addosso una torcia.
Foto rispondenti. Date plausibili. Documenti falsi in ogni caso, tutto a posto.
Rilassati. Calmi. Lucidi.

<<Anche il libretto di circolazione, prego..>> - baby K. tira fuori dal cruscotto i documenti dell’auto, falsi anche quelli, e li passa di mano a J. che li consegna all’agente. Tutto in regola.

<<Grazie Mr. Burke, posso sapere le ragioni del viaggio?>> - chiede il più intraprendente dei due, tenendo ancora i loro documenti in mano, carezzandoli fra pollice e indice.
L’altro gira intorno all’auto e si ferma dal lato del passeggero appoggiando una mano al tettuccio della macchina, osserva baby K.

<<Piacere agente, puro piacere, sto portando la mia ragazza a fare una piccolo viaggio in Messico per le vacanze..>>

<<Sì, fa bene! Vada a fare un giro sulla costa atlantica a Poza Rica se ha l’occasione di passarci, è splendida, merita davvero una puntatina..>>
<<Certo agente, grazie del consiglio, che ne dici baby K. amore, ti piacerebbe?>>
<<Oh, si potrebbe…adoro l’oceano..>>
<<Vuole sapere altro agente?>>
<<Si, veda..non è per fare il maleducato ma devo chiederle di lasciarmi guardare dentro la borsa sul sedile posteriore,  sa, è una questione di principio celebrazioni o no noi si deve fare il nostro lavoro, per la patria..>> - la biondina sorride allo sbirro che sta dalla sua parte, appoggiato alla Plymouth, chinato verso il finestrino. Visino d’angelo spacca cuori.

<<Certo, non c’è nessunissimo problema..prego agente, come fosse a casa sua..>>

Il piedipiatti fa un cenno d’approvazione. I due dentro la guardiola sono ancora assorbiti dal televisore. Luci al neon. La notte nera e selvaggia avvolge ogni cosa.
Respiri veloci. Tutto d’un fiato. La determinazione. Seriamente, non ci si può pensare su più di  tanto. Mai abbassare la guardia.
Gli danno neanche modo di prendere fiato, aprire la portiera, mettere il naso dentro e guardare in quella fottuta borsa.

Gli sbirri hanno neanche il tempo di estrarre la pistola d’ordinanza che i due hanno già tirato fuori i ferri carichi da sotto i sedili anteriori e sparano all’impazzata, massacrandoli entrambi con due colpi a testa in pieno volto, così, a brucia pelo. Lisci. Hai capito la biondina. Sangue che schizza dappertutto, fiotti caldi sulla carrozzeria e sui vetri della Plymouth Fury, sulla vetrata del baracchino, sulla strada e sulle loro facce; sul bel visino liscio di lei e sul naso da pugile di J.; i corpi riversi a terra colano broda rossa sull’asfalto, ammazzati.
Due schegge folli davvero.
Baby K. non smette di sparare un attimo, svuotando il caricatore in direzione della guardiola, nasodapugile J. mette in moto e sgommano via; danno neanche il tempo agli altri due di intervenire. Neanche il tempo di vedere la targa. Di guardarli un istante bene in faccia o di estrarre le pistole per rispondere al fuoco che sono già spariti nel buio. Una maledetta furia rossa che corre attraverso la frontiera

<<Woo! Ah, ah baby!!>> - fa J. urlando. Pazzo.

Lei ride isterica, si leva il sangue dalla faccia lustrandosi accuratamente il visino con un asciugamani e s’accende un’altra sigaretta.
Corrono all’impazzata, nell’aria più fresca della grande notte; ancora un miglio in direzione della dogana messicana. Neanche il tempo ai due di avvisare i colleghi oltreconfine, più avanti.
Arrivano al posto di blocco del casello, quattro guardie anche lì. Facce da messicani; fanno loro cenno di arrestarsi agitando le mani.
Si accorgono che non hanno nessuna intenzione di dargli retta più di tanto; l’auto lanciata a tutta velocità sfonda la barriera ululando di rombi e ferraglia che si scontra con ostacoli solidi senza frenare e investendo uno dei quattro gendarmi che non fa a tempo a schivare quella corsa folle. Scrocchiare d’ossa sotto le gomme. Due degli sbirri sparano alle calcagna della macchina che si allontana volando attraverso la frontiera gridando e dibattendosi veloce di furore puro. Trans agonistica.

J. sbatte le mani sul volante aspirando le guance ancora sporche di sangue fra le mascelle, ritraendole fra le due linee di denti. I suoi occhi splendono.

<<Che divertimento baby, che divertimento..Oh oh, torniamo indietro e rifacciamolo!>> - scherzava soltanto.. ma si sentiva esattamente come doveva essersi probabilmente sentito Richard Ginther tagliando il traguardo per primo nel grand prix del 1965 a Città del Messico dopo aver stracciato ogni record precedente. Eterno.

<<Oh J. let’s go! Que viva Mexico! Ah, Ah! Wooo!>> - urla come una pazza all’immenso cielo nero.

Le undici e qualcosa della notte.
eccoli in Messico. Bienvenidos en Mexico. Echi di fuochi d’artificio in lontananza oltre la frontiera.
Una furia rossa che corre lungo il serpente americano. Sparati sulla lingua silenziosa d’asfalto che conduce a Juárez. Eccola lì, la città, sul filo dell’orizzonte, con le sue luci sfere di chiarore che irradiano verso l’alto bagliori e fumi, risa e grida e pianti.
Fermano la macchina sul margine della strada puntandola verso il pendio boscoso e ripido più in basso, a due miglia fuori dalla superstrada verso la città. La notte messicana vigorosa e tersa popolata da suoni d’animali selvatici notturni e riverberi d’arcaici riti sacrificali avvolti di mistero.

<<Lasciamola qui, prendiamo la borsa, il resto della roba e andiamo, andremo avanti a piedi.. e passami un asciugamani pulito devo togliermi il sangue dalla faccia prima che si secchi, veloce>> - J adesso parlava a baby K. lentamente, per non tralasciare niente.

Baby K. gli passa l’asciugamano dopo averlo bagnato leggermente con dell’acqua dentro una boccia di vetro, senza parlare; J. si pulisce, emette sospiri lenti. Sono zitti ora. Ansia che cala.

<<Lasciamo tutta la merda qui.. su, scendi, veloce baby K.>> - nessuno nella notte, benedetto buio cieco.

Mette la folle, prendono la borsa dal sedile e il resto delle loro cose nel portabagagli, smontano lestamente.

<<Hey baby sono sporco da qualche altra parte? Non mi riesce di vedere nulla..fa un favore..>> - si è tolto la camicia sporca e ne ha presa un’altra dal borsone che stava dentro il bagagliaio.
<<No, sei pulito, aspetta però.. – gli leva uno schizzo di sangue rappreso dall’angolo della bocca, passa il pollice sulle sue labbra e lo bacia – a posto così J… - gli carezza le spalle.
Si toglie la maglia sporca anche lei restando a torso nudo per cambiarsi.
J. le osserva i seni succosi, la vita ben fatta e il ventre sinuoso, attraente.  E’ proprio bella.

<<Sei una dea baby, una piccola dea davvero baby K.! Tieni, qui ci sono i nostri nuovi documenti e altre cose che ci servono per il viaggio, stacci attenta..>> - le dà il borsone in mano.

<<Toglimi una curiosità J., perché hai lasciato questa cazzo di borsa sul fottuto sedile? Se l’avessi sbattuta nel retro magari gli sbirri non ci avrebbero chiesto niente..>>

<<Vuoi la verità baby? Volevo che mi dessero una scusa per sparare.>>

Eccoli. Cambiati. Puliti. Nuovi.  
Si accendono tutt’ e due una sigaretta. Si sorridono silenziosamente. La notte messicana soltanto, a fare da spettatrice.
Spingono assieme la favolosa Plymouth Fury ‘58 verso la scarpata che scende ripida scivolando giù in mezzo alla boscaglia, l’auto fila giù per il dirupo intricandosi di rampicanti e vegetazione, giù verso il fitto della macchia. Uccelli disturbati dal casino dell’auto che corre giù per il pendio si alzano in volo. La splendida furia rossa si ferma solo molto più in basso dentro un intrico di mesquite e agave. Fine della corsa.  Addio meraviglia.

Nel frattempo le risonanze dei fuochi d’artificio che venivano dal di là del confine s’erano fatte sempre più forti. Migliaia di migliaia di fuochi illuminavano il cielo con colori accesi, tuonavano nelle tenebre come colpi di pezzi d'artiglieria celebrativi. Uno spettacolo incantevole di stelle artificiali che si dissolvono in fumo.
Erano restati a guardare quello splendore che veniva dall’alto del cielo per un po’, stretti assieme. Guardando a nord potevano vedere l’intera volta celeste esplodere e tingersi di fiamma da un capo all’altro della federazione.


<<E’ l’ora di andare baby, giriamo i tacchi..>> - J la prende stringendola sottobraccio, una borsa per uno, s’incamminano in direzione del sud nella notte illuminata dai fuochi, pieni di fiducia e di speranze camminando lungo la strada verso il chiarore promettente della città.
<<Andrà tutto bene piccola, vedrai, andrà tutto bene...>>







“Our Second President would be proud that on July Fourth more fireworks are set off than any other celebration in the world.”
[Orgogliosa cittadina statunitense; commentando le parole di John Adams]





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